Benazir di Mariangela

Il mio corpo denudato, il mio viso oltraggiato, passi lenti riluttanti,
percorrono una via troppo ardua, troppo tetra perché possa essere percorsa,
ma la natura mi ha imposta questa strada nascosta, fra il buio che nasconde
il mio volto, i miei occhi stillano lacrime che nessuno può notare, che
nessuno vuol guardare.
Il mio figlio mai nato, il mio corpo violato, sono nata con le membra
fragili, la mia anima ingabbiata dalla foggia del mio corpo muliebre, forse
troppo bello, forse troppo attraente, impedisce al mio sguardo malinconico e
addolorato di essere notato, i mie occhi gridano pietà, scongiurano affetto
e un po' di comprensione.
Non vedete ciò che sono, non sapete neppure che esisto, forse è colpa del
mio corpo che è nato sconfitto dal peccato, la mia fragilità mi rende
coraggiosa ma tu perché ti ostini a non guardarmi? la tua forza di uomo ti
da diritto di possedermi?
Si, deve essere certamente così, poiché ti ho servito nei miei anni migliori
nella mia fanciullezza mi hai posseduta come un oggetto che non vale la pena
di serbarlo a lungo. Che sia nata per questo, che sia nata tua schiava, non
ho mai conosciuto l'ebbrezza, di un abbraccio sincero, sono stata condannata
a questo mistero.
Le mie labbra ti hanno sussurrato TI AMO e il tuo sesso ha approfittato
della mia pura ingenuità.
Aborrendo il mio stesso sentimento rinnegando il mio essere, mi sono donata
a te vile e venefico uomo che hai fatto tacere le mie preziose parole con la
forza della tua violenza, hai deturpato il mio volto e sono stata condannato
allo sconforto.
Ma la mia lena mi fa travalicare dentro me  c'è una forza innata che
congenita mi elargisce speranza e volontà, il mio sguardo s'innalza verso il
cielo agognando ma soprattutto sognando ali che mi condurranno verso la
libertà, si! sognando, poiché solo ciò mi rende forte, il sogno imperituro
mi trasporta in un mondo dissimile, un mondo fatto di campi elisi dove vi
sono infiniti fiori in boccio dove il mio pianto diviene rugiada in cui il
sole mi ammaestra è consolatrice, la pioggia cura le mie ferite, un luogo
dove la tua brutalità di uomo non può sfiorarmi in cui libra solo amore.
Io resisto poiché la mia mente conosce luoghi che per te saturo di odio sono
inopinabili, la sola tua fortuna è la forza delle tue membra nerborute,
tutta la mia fortuna è la forza della mia mente, torturami, sfregiami,
uccidimi ma la mia mente mai potrà essere tua, il dolore non più mi spaventa
la morte neppure ma tu che sei nato nel peccato non sconfiggerai mai le tue
paure.

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